Questo mio rifiuto si e' esteso sempre anche alla moto: fino al mese scorso non avevo mai partecipato a raduni motociclistici, e quando l'ho fatto e' stato piu' per interesse antropologico (quello di uno straniero che vuole apprendere i costumi della terra che lo accoglie) che per volonta' di sentirsi parte "di un gruppo".
La moto, l'ho sempre detto, e' onanismo. La si pratica da soli.
Pero' quanto un paio di giorni fa Ryan, l'uomo che sussurrava alle motociclette, mi ha invitato a partecipare a un raduno di motociclisti americani che avrebbe coinvolto migliaia di motociclette, ci ho messo un nanosecondo per accettare. Anche perche' il modo in cui Ryan me lo ha presentato non ammetteva defezioni: sara' l'occasione perfetta per vedere un bello spaccato di Americana: migliaia di moto, individui animati da sano e vero patriottismo, il tutto viziato dal tipico ciarpame Harley Davidson. Non puoi non venire.
E infatti sono andato. E se da un lato confermo il piu' profondo disprezzo per queste adunanze oceaniche, dall'altro ho avuto paura delle mie emozioni. 2900 moto in fila per partecipare a una motociclettata di 15 km per celebrare i caduti americani nelle guerre medioorientali, passando per piccoli villaggi del Mid West con centinaia di anziani, bambini, giovani che ti salutano sventolando bandiere dai bordi delle strade. Vecchietti con il loro cappello John Deer e la loro camicia plaid a quadri rossi che vengono a toccarti per benedirti e ringraziarti di ricordare i loro figli e nipoti morti.
No. La mia opinione nei confronti delle adunanze non e' cambiata. Le disprezzo ancora, forse di piu'. Di sicuro pero' capisco meglio come possano dare un senso di appartenenza a individui spesso ai margini della societa'. Ma non nascondo che sentire questa nazione parlare di liberta' contando e celebrando i suoi caduti, fa tutto un altro effetto che sentire De Magistris parlare di "Napoli liberata" dopo la sua elezione. Soprattutto quando ci si trova di fronte a un muro di centinaia di metri, nero come la disperazione dei genitori che piangono i loro figli, ricoperto di nomi di caduti. E si vede un bambino di 5 anni indossare un vecchio gilet di pelle, visibilmente troppo grande per lui, con il nome di un padre motociclista morto in chissa' quale deserto per difendere una parola che da noi De Magistris usa per parlare di Napoli.
Le parole sono importanti. Qui sanno ancora morire per difenderne il significato (o almeno, per difendere quello che loro interpretano come il giusto significato).
Detto questo, c'era davvero una caterva di disadattati e di moto allucinanti. Postero' le foto...
Detto questo, c'era davvero una caterva di disadattati e di moto allucinanti. Postero' le foto...
6 commenti:
Del muro nero di Washington ho seguito (colpa dell'età e degli studi) la progettazione e la realizzazione... e ci ho messo 25 anni per andare a vederlo. Ho pianto come un vitello: perché i nomi erano troppi, perché era pieno di bambini che cercavano il nome di un parente, perché era pieno di anziani che se ne prendevano cura e ti chiedevano se avevi bisogno di aiuto.
Altrettanto mi viene da piangere ogni volta (e da un paio d'anni capita spesso) che vado a Napoli: mi domando come facciano a continuare a vivere in tali condizioni di miserevole arretratezza senza fare la rivoluzione.
Camllo, questo di Marseilles, Illinois, e' un muro nero su scala ridotta rispetto a Washington. Ma le emozioni sono le stesse.
Su Napoli credo non ci sia bisogno di aggiungere altro. Mi ricordo lo stupore che provai sentendo la napoletana che lavorava al consolato americano a Napoli che ad alta voce diceva che non capiva come un napoletano potesse voler andare a vivere in America lasciando una citta' stupenda come Napoli. Mentre parlava si vedevano le fiamme dei rifiuti che bruciavano fuori dalla finestre. Volevo prenderla a sberle per svegliarla dal torpore in cui evidentemente era caduta. Non c'era altra spiegazione per giustificare una chiusura mentale tale.
tu di dove sei come provenienza (nord-centro-sud), toscano?
Io non la vedo tutta come positiva questa disposizione a dare la pellaccia per collettivi e discutibili ideali. Mi paiono pure loro (per la maggiore) persi nel loro fantastico mondo, forse solo in modo diverso.Poi però devo ammettere che ci vogliono pure quelli e fossero tutti come me sarebbe un disastro.
tizietto
Tizietto, di Pisa.
Concordo: e' proprio per quello che non mi piacciono i collettivi, i branchi, i gruppi.
Beh io trovo positivo che anche questa gente che tu definisci disadattata (e probabilmente lo e non disputo e magari noi siamo disadattati agli occhi loro) abbia comunque uno spazio x esprimersi. L'immagine e del vecchietto che ti ringrazia e veramente un pugno allo stomaco...ma e bello che i vivi ricordino i morti ...ciascuno alla propria maniera-Dama
Fermi: mi sono spiegato male allora. I disadattati non sono i vecchi che piangono i loro figli. Sono quelli con la testa rasata e a torso nudo che gridano "Freedom freedom" o "Jesus loves bikers too". mercoledi' posto le foto, cosi' ci capiamo.
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