01/05/08

Il corteggiamento del milledugento è uguale a quello di adesso...ce lo prova Ciullo d'Alcamo

PREMESSA: Nei commenti a questo post, avevo usato l'espressione "vai a scopare il mare", che aveva generato un piccolo dibattito sulle sue origini. La commentatrice wiki ci aveva detto che l'espressione trovava un antenato nella storia di Ciullo d'Alcamo...e mi ha inviato un bellissimo scritto nel quale ripercorre la storia di Ciullo e spiega come i fondamentali del corteggiamento non siano molto cambiati dal milledugento...e ci traduce espressioni poetiche in modo diverso da quelle che abbiamo imparato a scuola...Per cui ve lo posto qui sotto. Buona lettura. Ne vale la pena.

Per wiki solo una parola FANTASTICO. Se a scuola le cose le insegnassero cosi'...

Il Contrasto di Ciullo D'Alcamo,
commentato e spiegato da WIKI

Allora, stiamo parlando di uno dei primi testi della poesia comica italiana, prima ancora di Cecco Angiolieri e del suo S'i' fossi foco.., di un vero – e spassossissimo - capolavoro della poesia comico-erotica. Spesso tralasciato o peggio edulcorato nella consueta prassi scolastica.

Siamo in Sicilia, metà del Milledugento. Un ragazzo e una ragazza che “battibeccano” - ed ecco la forma del “contrasto”: una strofa lui, una lei. Ciullo non s'è l'è inventata dal niente: la usavano già i poeti provenzali, cento anni prima. Lei è probabilmente una sguattera che sta alla finestra della casa padronale, lui un gabelliere che finge di essere un ricco nobile per fare colpo su di lei.

Ah, “ciullo” in Sicilia, ancora oggi, è l'organo sessuale maschile – ma nei vostri libri di letteratura troverete sicuramente un ben più poetico “Cielo D'Alcamo”...

Comunque, dato che nomen est omen, il giovane apostrofa così la ragazza:
Rosa fresca aulentis[s]ima ch’apari inver’ la state
le donne ti disiano, pulzell' e maritate:
tràgemi d’este focora, se t’este a bolontate;
per te non ajo abento notte e dia,
penzando pur di voi, madonna mia.

Cioé: Rosa splendida e profumata che fiorisci d'estate, anche le donne ti desiderano, vergini e sposate; toglimi da questo fuoco, se ne hai volontà. Non ho pace né la notte né il giorno, pensando a voi, mia signora.

Quindi lui all'inizio tira fuori la solita frase fatta “sei un fiore”, ma si capisce subito che non ha in mente una relazione molto platonica: lei è così bella da suscitare addirittura desideri saffici – anche se il vostro prof sosteneva che le altre donne la invidiassero e basta per la sua bellezza, quel puritano! – e lui ha fatto proprio venire i bollenti spiriti (este focora)! Naturalmente, tutti sappiamo come si spengano i bollenti spiriti...A me personalmente ricorda abbastanza la scena dell'incontro tra Romeo e Giulietta: “Ho sete...” “Quale acqua può dissetarti?” “È un'acqua che è un fuoco, e che sta sulle tue labbra...”

Ma lei fa la ritrosa, anzi, lo manda proprio a quel paese:
- Se di meve trabàgliti follia lo ti fa fare.
Lo mar potresti arompere, a venti asemenare,
l’abere d’esto secolo tut[t]o quanto asembrare:
avere me non pòteri a esto monno;
avanti li cavelli m’aritonno.

Se stai male per me, sei un pazzo. Potresti arare il mare, seminare il vento, accumulare tutto l'oro del mondo, ma piuttosto che essere tua mi faccio monaca! E il verbo “aritonnare” richiama proprio la tonsura claustrale...Ma lui non si scompone più di tanto, le dice che se lei si facesse suora, lui morirebbe di dolore, così le propone direttamente poniamo che s’ajumga il nostro amore. Cioè, come direbbe Elio e le storie tese, “Uniamo i nostri corpi nell'estasi suprema dell'idillio d'amore”.

Lei fa sempre la ritrosa e trova la più classica delle scuse:
se ti ci trova pàremo cogli altri miei parenti,
guarda non t’ar[i]golgano questi forti cor[r]enti.
Como ti seppe bona le venuta,
consiglio che ti guardi a la partuta.
“se mio padre ti trova con me, ti fa un mazzo così, e i miei fratelli pure”

Ma lui se la ride sotto i baffi: sa benissimo che nelle Costituzioni Melfitane di Federico II c'è una legge che permette ad un nobile (lui sta fingendo di essere nobile, ma lei non lo sa – ma quante balle raccontano gli uomini alle donne?) di cavarsela con una multarella da pochi agustari se stupra una ragazza del popolo. Ah, i vantaggi dell'Ancien Régime...!

Lei dice di non poterne più della sua insistenza e che se anche fosse ricco come un sultano non la potrebbe nemmeno sfiorare con la punta di un dito. Ma lui sa perfettamente che il suo punto di forza non sono i soldi, bensì la suavitas delle sue parole, la loro forza ammaliatrice...
- Molte son le femine c’hanno dura la testa,
e l’omo con parabole l’adimìna e amonesta:
tanto intorno procàzzala fin che ll’ ha in sua podesta.
Femina d’omo non si può tenere:
guàrdati, bella, pur de ripentere.
...talmente ammaliatrice che prima o poi lei cadrà in suo potere, inverando una versione molto più carnale del dantesco “amor ch'a nullo amato..”: una donna non può fare a meno di un uomo! E che lei stia ben attenta a non pentirsi di un suo rifiuto!

Ella risponde che piuttosto che pentirsi si farebbe uccidere e che le sue parole da cantautorucolo fallito l'hanno stancata.
- K’eo ne [pur ri]pentésseme? Davanti foss’io aucisa
[...]
Acquìstati riposa , canzoneri:
le tue parole a me non piac[c]ion gueri.

Ma lui sfodera un colpo basso – perché tutte le donne vogliono essere quella “di più delle altre” - mettendoci dentro anche il destino cinico e baro. E non serve parafrasi.
Femina d’esto secolo tanto non amai ancore
quant’amo teve, rosa invidïata:
ben credo che mi fosti distinata.

E lei di nuovo: “se son destinata a te, allora mi faccio davvero suora”; ma lui dice che anche lui andrà al monastero, che si farà frate pure lui – e cento anni dopo Boccaccio ne racconterà delle belle, a questo proposito - perchè
besogn’è ch’io ti tenga al meo dimino.
“ho bisogno che tu sia mia, che tu sia in mio dominio”. Uau. Il fuoco della passione. E probabilmente lui ha anche un'idea connotata in modo fortemente sessuale, del dominio...
Lei adesso comincia a fare un passo indietro : “oimé misera, oimé tapina, destino crudele...” e finge di cercare una scappatoia, tipo “non son degna di te”:
Cerca la terra ch’este gran[n]e assai,
chiù bella donna di me troverai.

Ma lui è convintissimo:
- Cercat’ajo Calabr[ï]a, Toscana e Lombardia,
Puglia, Costantinopoli, Genoa, Pisa e Soria,
Lamagna e Babilonïa [e] tut[t]a Barberia:
donna non [ci] trovai tanto cortese,
per che sovrana di meve te prese.
Insomma, in tutto l'orbe terracqueo non c'è un'altra come lei! È ovvio che la ragazza a questo punto sia tutta in brodo di giuggiole, ma fa la figlia di Maria, quella che “non lo fo per piacer mio, ma per dare figli a Dio”: “Se soffri proprio così tanto...sposami, e poi farò quello che vuoi”.
Ma lui se la ride sotto i baffi: sa bene che lei sta cedendo, sa di averle dato il colpo di grazia:
e dato t’ajo la bolta sot[t]ana.
Dunque, se pot[t]i, tèniti villana.
...ma le brave ragazze non gli piacciono. Sa bene che con quelle un po' ruspanti (villane) ci si diverte molto di più...

Ma lei ha inteso male la questione del “colpo” e si spaventa:
- En paura non met[t]ermi di nullo manganiello:
o forse non si è spaventata per nulla, anzi! ...dato l'evidente doppio senso di “manganello”!

E il nostro giovane a questo punto fa finta di fare il poeta, ma il doppio senso sessuale avanza implacabile:
di quaci non mi mòs[s]era se non ai’ de lo tuo frutto
lo quale stäo ne lo tuo jardino:
disïolo la sera e lo matino.
...perché è ovvio che lui non si alzi al mattino e vada a letto la sera con la voglia di una bella macedonia...

Ma la fanciulla, con la più classica delle civetterie femminili, fa quella che “ce l'ha d'oro”:
- Di quel frutto non àb[b]ero conti né cabalieri;
molti lo disïa[ro]no marchesi e justizieri,
avere no’nde pòttero:
E lui, giustamente, le fa notare che “non ce l'hai solo te” e che non si può disprezzare ciò che prima non si è provato, anzi, assaggiato...
- Molti so’ li garofani, ma non che salma ‘ndài:
bella, non dispregiàremi s’avanti non m’assai.

Lei deve essere proprio a corto di argomenti, se per l'ennesima volta tira fuori la storia “nemmeno per tutto l'oro del mondo – ma se soffri tanto, perché non muori e non mi lasci in pace?”. Ma lui risponde che morire sarebbe una consolazione, dal momento che per lei farnetica notte e giorno perché
Sanz’on[n]i colpo lèvimi la vita.

E lei – che è lì lì per cedere – “vattene, vattene, disgraziato, che se arrivano i miei...”
Ma lui rincara la dose: è un anno, ormai, che lui non fa che pensare a lei, da quando...
Or fa un anno, vìtama, che ’ntrata mi se’ [’n] mente.
Di canno ti vististi lo maiuto,
bella, da quello jorno so’ feruto.
...da quando l'ha vista in grembiule (maiuto)! No. Fermi tutti. Qui qualcosa non torna. Come, “da quando ti ho vista in grembiule”? Che senso ha? Ha senso, ha senso... perché il “maiuto” era il rozzo grembiule inamidato che impediva alle lavandaie di bagnarsi quando andavano a lavare i panni al fiume o al lavatoio. Ora, si sa benissimo in quale posizione si mettano le lavandaie... ah, ecco di cosa si è innamorato il romanticone! Ecco cosa turba i suoi sonni!

Lei ormai si sdilinquisce tutta “Ah, Giuda traditore, ti sei innamorato di me...neanche fossi stata vestita con le stoffe più preziose...”
- Di tanno ’namoràstiti, [tu] Iuda lo traìto,
como se fosse propore, iascarlato o sciamito?
...però – c'è un però...ultimi baluardi di resistenza – se non mi sposi, mi getto in mare!

Ormai il ragazzaccio è scatenato: “sì, dai, gettati in mare, io ti cerco in lungo e in largo, poi ti trovo mezza morta sulla spiaggia e...
trobàrati a la rena
solo per questa cosa adimpretare:
conteco m’ajo a[g]giungere a pec[c]are.
Zacchete! Grandissimo. Quando si dice “basta che sia ancora calda”.

Lei si fa il segno della croce “Oh Gesùmmaria...” però gli fa notare una cosetta – e facendogliela notare, ci fa capire che ormai il gioco e fatto:
Morta si [è] la femina a lo ‘ntutto,
pèrdeci lo saboro e lo disdotto.
“Ma insomma, se io sono proprio morta morta... che gusto ci provi?”. Soprattutto – che gusto ci prova lei...“Lo so, cara mia, ma cosa ci posso fare? Tu non mi ami...”
Ancora tu no m’ami, molto t’amo,
sì m’hai preso come lo pesce a l’amo.

Lui, come direbbe Elio, la sta “mettendo sull'affetto” ed è ovvio che lei risponda “chiaviamo”! Però prima deve precisare che lo fa per amore “Massì, massì che tii amo...”
- Sazzo che m’ami, [e] àmoti di core paladino.
Lèvati suso e vatene, tornaci a lo matino.
Se ciò che dico fàcemi, di bon cor t’amo e fino.
Quisso t’[ad]imprometto sanza faglia:
te’ la mia fede che m’hai in tua baglia.
“...però torna domattina, e ti prometto che sarò tua”. O meglio: in tua balìa. Insomma: fai di me ciò che vuoi!

Figuriamoci se lui può aspettare fino al mattino dopo! Piuttosto che muoversi si farebbe scannare col suo coltello nuovo:
- Per zo che dici càrama, neiente non mi movo.
Intanti pren[n]i e scànnami: tolli esto cortel novo.
E la supplica di esudire il suo desiderio, ormai esplicitamente erotico
Arcompli mi’ talento, [a]mica bella,
ché l’arma co lo core mi si ‘nfella.
...anche se non dimentica mai di infilarci l'accoppiata “anema e core”.

Le fa la crocerossina: lo sa che la sua arsura non può essere guarita in altro modo e sarebbe anche disposta a sacrificarsi... però però...senza un bel giuramento sul Vangelo non se ne fa niente, che piuttosto le tagli la testa!
- Ben sazzo, l’arma dòleti, com’omo ch’ave arsura.
Esto fatto non pòtesi per null’altra misura:
se non ha’ le Vangel[ï]e, che mo ti dico “Jura”,
avere me non puoi in tua podesta;
inanti pren[n]i e tagliami la testa.

Ma figuriamoci se questo straordinario corteggiatore non ha lì per caso una copia del Vangelo su cui giurarle immantinente eterna fedeltà! Mica ci si può far trovare sprovvisti del necessario proprio sul più bello...
- Le Vangel[ï]e, càrama? Ch’io le porto in seno:
a lo mostero prèsile (non ci era lo patrino).
Sovr’esto libro jùroti mai non ti vegno meno.
Arcompli mi’ talento in caritate,
ché l’arma me ne sta in sut[t]ilitate

E lei a questo punto è spettacolosa:
- Meo sire, poi juràstimi, eo tut[t]a quanta incenno.
Sono a la tua presenz[ï]a, da voi non mi difenno.
S’eo minespreso àjoti, merzé, a voi m’arenno.
A lo letto ne gimo a la bon’ora,
ché chissa cosa n’è data in ventura.
“Ascolta, giura dopo... sono tutta un bollore. Son qui. Non faccio più la ritrosa. E scusa se ti ho disprezzato. Mi arrendo. Andiamo subito a letto. Oh, queste cose capitano..”

Morale: ci sono voluti 160 versi, 32 strofe di amoroso alterco... ma l'amore trionfa sempre!
Perché le parole smuovono anche i massi. Perché saper parlare al cuore e ai sensi di una donna è importante, ora come allora. Perché nonostante il femminismo, il capovolgimento dei ruoli, l'imperante mascolinizzazione, questo è quello che le donne vogliono da un uomo: essere corteggiate. E sanno ben ripagare.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

quella del manganello è stupenda...

Anonimo ha detto...

Demonio, ma come lo sai che sono donna? intuito maschile?

Anonimo ha detto...

ah, se a scuola le spiegassi così finirei convocata dal Preside, a Porta a Porta, al Maurizio Costanzo Show e il giorno del ricevimento avrei la fila di paparini davanti alla porta.

PS: in realtà un po' (ma solo un po', i miei alunni sono piccoletti) le spiego così; trovo terrificante il candeggio a cui sono sistematicamente condannati testi splendidi della letteratura italiana (o latina, pensate a Catullo) solo perchè parlano di eros. come se l'eros non facesse parte dell'essere umano. come se la letteratura non potesse parlare di sesso in modo splendido. poi mi chiedono di fare "educazione all'affettività e alla sessualità".. e questa lo è, secondo me, nel modo più pieno e vero.

Anonimo ha detto...

spettacolosa!!!!!

ai bambini magari no, ma corsi per adulti che vertano su testi del genere per riscoprire la letteratura edulcorata non sarebbe male come idea.

Giovanni Stoto ha detto...

"nonostante il femminismo, il capovolgimento dei ruoli, l'imperante mascolinizzazione..."

senza voler passare per maschilista, ma fortunatamente ho trovato molte donne che quanto sopra non l'hanno né approvato né voluto né accettato, e resto dell'idea che uno dei più grandi omaggi alla femminilità siano proprio due canzoni di Roberto Vecchioni:

- Voglio una donna
http://www.italianissima.net/
testi/vounado.htm

- Il tuo culo ed il tuo cuore
http://xoomer.alice.it/hitfc/
canzoni14ee.htm

Con ironia... :-)

Demonio Pellegrino ha detto...

Wiki, non lo so...mi sei sembrata una donna da come scrivevi. Meno male ce ci ho azzeccato...

Cos'è sta storia dell'educazione all'affettività? Ma la scuola va davvero a puttane a questo modo?

Dreamy - otima idea davvero sarebbe..

Gandalf - ti dovresti promuovere per la pubblicità dell'uomo che non dovrebbe chiedere mai...

Anonimo ha detto...

caro demonio, chiedo venia ma.....ti ho nominato per un MEME. passa da noi....baci

pytta

Demonio Pellegrino ha detto...

pytta, grazie...ora lo faccio...sono ancora debitore a Gandalf di un altro meme...li devo assolutamente da fa'

Anonimo ha detto...

Bella spiegazione, sicuramente più realistica di quella resa nelle scuole.

Ma per carità non tocchiamo il tasto donne...

Demonio Pellegrino ha detto...

cristian, dicci tutto...

Giovanni Stoto ha detto...

demons, mi sa che io e pytta ti abbiamo nominato x lo stesso meme ;-)

Anonimo ha detto...

Demonio non fa i compiti. Male. se fossi un mio alunno saresti già dietro la lavagna.

Demonio Pellegrino ha detto...

ora lo faccio...

Wiki...sui ceci?

lauraetlory ha detto...

Un'insegnante come Wiki andrebbe portata a modello e non necessariamente perche' stuzzica il lato licenzioso di Demonio Pellegrino e dei suoi accoliti. :-)
Laura

Demonio Pellegrino ha detto...

laura, noi qui non si ha un lato licenzioso. Perché ciò suggerirebbe che esistono dei lati nostri non licenziosi. Il che non è vero.

lauraetlory ha detto...

Lo sosspettavo, sai?

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